Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo

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Il diritto del lavoro è strettamente collegato alle dinamiche economiche del paese.

Il costo del lavoro è una delle grandi barriere all’entrata del mercato di qualunque settore e rappresenta tra il 25% ed il 50% dei costi di produzione dell’impresa.

Fisiologicamente il costo del lavoro si compone di:

– stipendi lordi;

– contributi obbligatori per assicurazioni obbligatorie a carico dell’impresa;

– imposte a carico dell’impresa.

Durante le fasi patologiche, a questi costi si contrappone il costo del licenziamento da valutare in termini di costo opportunità al mantenimento dei livelli occupazionali.

In altre parole; quanto il mercato si contrae, il datore di lavoro dovrà valutare l’opzione del licenziamento.

Licenziamento per giustificato motivo oggettivo o soggettivo

Una considerazione preliminare deve essere svolta sulla disciplina del licenziamento.

In Italia il licenziamento deve essere sorretto da una motivazione, riconosciuta tutelabile dall’ordinamento. Salvo alcuni casi limite (ad esempio il superamento del periodo di comporto) le uniche cause che possono giustificare il licenziamento sono:

Giusta Causa;
Giustificato motivo soggettivo (GMS);
Giustificato motivo oggettivo (GMO).
Fuori da questi casi il licenziamento è illegittimo e/o nullo.

Le prime due cause di licenziamento attengono alla condotta del lavoratore; il quale nel violare uno o più obblighi contrattuali ha leso il rapporto fiduciario posto alla base del contratto lavorativo che non potrà più continuare. La differenza è solo nella gravità della violazione poichè:

la Giusta Causa è una condotta tanto grave da rendere impossibile la prosecuzione, anche temporanea, del rapporto lavorativo (tanto che non è necessario il preavviso);
il Giustificato motivo Soggettivo configura una violazione, meno grave ma reiterata, degli obblighi del lavoratore tale da incidere negativamente sul rapporto fiduciario alla base del contratto.
Si differenzia da questi il licenziamento per Giustificato motivo Oggettivo, che al contrario si caratterizza per una problematica riferibile al datore di lavoro.

In termini tecnici il licenziamento per Giustificato motivo Oggettivo è sorretto da ragioni tecniche, organizzative o produttive.

Il giustificato motivo oggettivo

Ai sensi dell’art. 2082 c.c. l’imprenditore è colui che esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione di beni o servizi.

Nell’esercizio dell’impresa è diritto dell’imprenditore organizzare l’attività e l’assetto produttivo con piena discrezionalità. In questa discrezionalità, il legislatore ha voluto far rientrare il potere di licenziare, qualora la soppressione del posto di lavoro sia necessaria al fine del miglioramento dell’efficienza gestionale dell’azienda.

La disciplina del licenziamento per GMO si pone così non come elemento di dissuasione ma come strumento di verifica da parte dell’ordinamento dell’effettività delle ragioni tecniche addotte al licenziamento e, solo in minima parte con l’obbligo di “repechage”, come tutela dei livelli occupazionali.

In questo contesto le cause per irrogare un licenziamento per giustificato motivo oggettivo sono molteplici:

la soppressione del ramo di azienda a cui il lavoratore è addetto;
la contrazione del volume di affari dell’impresa;
l’automatizzazione delle mansioni ricoperte dal lavoratore.
Nel procedimento di impugnativa del licenziamento il vaglio del Giudice si concentrerà unicamente sull’accertamento dell’esistenza delle ragioni addotte poiché nemmanco il sindacato del Giudice potrà spingersi alla valutazione dell’opportunità della scelta organizzativa dell’imprenditore.

Come si licenzia per giustificato motivo oggettivo

Nonostante la libera discrezionalità del datore di lavoro nell’organizzazione dell’impresa il licenziamento dovrà comunque adeguarsi ad alcune disposizioni.

La contrazione del volume di affari dell’impresa, al fine di giustificare il licenziamento dovrà essere una situazione protratta nel tempo e non legata a momentanee contingenze.

Allo stesso modo nel caso di più lavoratori svolgenti le medesime mansioni, la scelta del lavoratore da licenziare non potrà essere soggettiva ma guidata da criteri di scelta improntati a correttezza e buona fede (anzianità di servizio, stato di salute, nucleo familiare).

Il licenziamento dovrà essere irrogato per iscritto e la lettera di licenziamento dovrà contenere le motivazioni produttive poste alla base del licenziamento, i criteri di scelta applicati, in caso di più lavoratori con competenze omogenee ed infine l’adempimento dell’obbligo di “repechage”.

Si comprende perché la lettera di licenziamento è un atto estremamente importante, poiché in se “cristallizza” le motivazioni del licenziamento che divengono immodificabili.

In questo senso, qualora vi siano degli errori argomentativi nelle motivazioni addotte, il licenziamento impugnato sarà dichiarato illegittimo.

Ugualmente illegittimo è da considerare il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, senza che il datore di lavoro abbia tentato il “repechage” del lavoratore.

Cos’è l’obbligo di repechage

Come anticipato, la libera direzione dell’azienda trova come unico limite il mantenimento dei livelli occupazionali, interesse del singolo, che assurge anche a interesse dello Stato costituzionalmente garantito.

Nell’intento del legislatore il licenziamento per giustificato motivo oggettivo deve essere utilizzato come ultima ratio da parte dell’imprenditore il cui ius variandi – ossia il potere di modificare unilateralmente le condizioni di lavoro – viene persino potenziato al fine di ovviare al licenziamento.

Ai sensi dell’art 2103 c.c. il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per cui è stato assunto, ma in caso di riorganizzazione aziendale che possa incidere sulla posizione lavorativa, lo stesso potrà essere assegnato a mansioni diverse, persino di livello inferiore.

Così si esplica l’obbligo di repechage.

Prima di procedere al licenziamento per giustificato motivo oggettivo, il datore di lavoro dovrà tentare di riassegnare il lavoratore in qualsiasi altra posizione lavorativa con medesimo livello o persino con livello inferiore.

Anche le mansioni potranno essere variate – con relativo obbligo di formazione – al fine di mantenere il lavoratore.

La prova di adempimento dell’obbligo di repechage grava sul datore di lavoro che dovrà dimostrare l’assenza di una posizione idonea al riposizionamento del lavoratore, di contro il lavoratore potrà limitarsi alla generica allegazione della possibilità di svolgere diverse mansioni in seno all’azienda.

Ovviamente per le aziende più grandi, fornire prova negativa di repechage è praticamente impossibile, diversamente per le piccole e medie imprese si potrà adempiere più facilmente con la produzione dell’organigramma aziendale.

Come per la lettera di licenziamento, anche l’adempimento dell’obbligo di repechage è estremamente importante nel procedimento per licenziamento per giustificato motivo oggettivo, poiché la violazione di tale obbligo rende il licenziamento illegittimo.

Il licenziamento per giustificato oggettivo e la naspi

L’imprenditore che vuole procedere al licenziamento per giustificato motivo oggettivo, dovrà procedere ad una valutazione costi benefici.

Oltre, infatti, ai costi di rischio dell’impugnativa, a seguito della l. 92/2021 (c.d. riforma Fornero) la cessazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato è soggetta al “tiket licenziamento” con un costo che va da € 503,30 ad € 1.509,90 a seconda dell’anzianità di servizio del lavoratore.

Il tiket rientra negli obblighi contributivi del datore di lavoro andando ad integrare il contributo NASPI.

Al lavoratore licenziato per giustificato motivo oggettivo spetta l’indennità di disoccupazione (ora NASPI) dall’ottavo giorno dalla data di cessazione del rapporto di lavoro.

La NASPI viene corrisposta mensilmente per un numero di settimane pari alla metà delle settimane contributive presenti negli ultimi quattro anni, per un massimo di 24 mesi.

L’importo versato è pari al 75% della retribuzione, rivalutato qualora la retribuzione superi i € 1.221,44 mensili.

Licenziamento per giustificato motivo oggettivo

COME DIFENDERSI

Non vi sono metodi facili per difendersi da un licenziamento.

Ancor meno quando lo stesso è dettato da ragioni tecniche e produttive che non potranno mai entrare a far parte della valutazione del Giudice.

Quello che si deve fare, però, è rivolgersi immediatamente ad un esperto del settore.

Il licenziamento è un atto formale che deve conformarsi a molteplici norme ed avere una motivazione cristallina. La mancanza di alcuni requisiti considerati essenziali potrebbe rendere il licenziamento illegittimo.

Vieppiù che il licenziamento deve essere impugnato stragiudizialmente nei 60 giorni dall’irrogazione. Oltre tale termine il lavoratore decade dal diritto di impugnare e anche qualora siano presenti macroscopici errori non si potrà far nulla.

Aziende con più di 15 dipendenti

Con la normativa di sostegno degli anni ’70, il legislatore ha recepito gli indirizzi sindacali che intendevano differenziare la disciplina del lavoro fra imprese piccole e medio-grandi.

La differenziazione è arrivata fino agli anni odierni, seppure mitigata dai diversi interventi legislativi.

Rimane pur tuttavia una differenza di fondo legata alla grandezza dell’impresa, motivata dal maggiore impatto che una grande impresa ha sul mercato del lavoro nazionale.

Per le imprese che contano più di 15 dipendenti, il licenziamento per giustificato motivo oggettivo dovrà essere sempre preceduto dalla comunicazione del datore all’ispettorato del lavoro.

La comunicazione – che poi verrà trasmessa altresì al lavoratore – dovrà contenere:

la volontà del datore di lavoro di procedere al licenziamento;
indicare i motivi del licenziamento;
indicazione delle misure adottate per poter ricollocare il lavoratore assegnandogli una mansione alternativa, ovvero le motivazioni tali per cui non sarà possibile assegnare allo stesso altra mansione all’interno dell’organizzazione aziendale.
Entro 7 giorni dalla comunicazione il datore di lavoro verrà convocato presso l’ispettorato del lavoro dove, a seguito della verifica dei presupposti del licenziamento, si tenterà la conciliazione con il lavoratore.

Parallelamente al datore di lavoro è data facoltà di offrire al lavoratore (entro 60 giorni dal licenziamento) un importo pari ad una mensilità per ogni anno di servizio (compreso fra 2 e 18 mensilità) che qualora accettato equivarrà alla rinuncia all’impugnativa.

Alla luce delle più recenti modifiche in materia di impugnativa di licenziamento, la reintegra del lavoratore nel posto di lavoro, a seguito di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, non rientra più fra i rimedi dell’ordinamento; di talchè la tutela risarcitoria rimane ormai l’unica praticabile e non troppo gravosa per l’imprenditore.

In questo senso si parla di costo di licenziamento.

Il datore di lavoro che vorrà licenziare per giustificato motivo oggettivo ormai non deve più temere la reintegra, di contro però dovrà valutare – insieme ad un professionista – tutti gli eventuali costi e a seguito dell’analisi costi-benefici, procedere a limitarli.

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